E’ il virus più temuto del momento anche perché non si parla di vaccino: scopriamo di cosa si tratta e le parole degli esperti che ci mettono in guardia dagli eventuali rischi.
Dal 2020 ad oggi abbiamo imparato a conoscere gli effetti devastanti che nuovi virus possono avere sulle sorti del mondo. Dalla scoperta del Covid le nostre vite sono cambiate, e anche a distanza di anni, con la pandemia ormai alle spalle, si continua a parlare di rischi da nuovi virus. Per quel che riguarda il West Nile Virus (WNV), sebbene si tratti non di un nuovo virus, solo da qualche tempo se ne sta parlando con insistenza. Proviamo a capire perché.
La sua facilità di trasmissione è uno dei motivi principali di questa nuova attenzione: il virus si diffonde principalmente attraverso la puntura di zanzare infette che, a loro volta, possono trasmetterlo ad altri uccelli. Tuttavia, dato che le zanzare si nutrono anche del sangue di altri animali, inclusi gli esseri umani e i cavalli, possono trasmettere il virus anche a queste specie.
Particolarmente interessante è il recente studio pubblicato su Nature Communications, condotto dall’IZS di Teramo in collaborazione con diverse istituzioni, incluso l’Università di Trento, la Fondazione Edmund Mach e l’Istituto Pasteur di Dakar in Senegal. Questa ricerca ha seguito il percorso del virus, fornendo informazioni cruciali sulla sua diffusione.
I principali rischi che si possono correre
Nicola D’Alterio, direttore generale dell’IZS di Teramo, sottolinea che il monitoraggio costante del virus è essenziale, citando i dati del 2023 che confermano 332 casi di infezione da WNV in Italia, di cui 190 con coinvolgimento neurologico e 27 decessi, concentrati soprattutto nel nord Italia. Lo studio si è concentrato sui due principali ceppi del virus, L1 e L2, scoprendo connessioni complesse tra Africa ed Europa.
Giulia Mencattelli, autrice principale dello studio, evidenzia che il ceppo L1 sembra viaggiare tra Senegal, Marocco e i paesi europei del Mediterraneo occidentale, come Portogallo, Spagna, Francia e Italia, mentre il ceppo L2 segue percorsi diversi. Il coordinatore della ricerca, Giovanni Savini, parla delle differenze nelle dinamiche evolutive dei due ceppi, sottolineando che nonostante infettino le stesse specie di uccelli e utilizzino gli stessi vettori, il L1 sembra diffondersi più efficacemente del L2.
Savini evidenzia la necessità di esplorare ulteriormente il ruolo delle zanzare come vettori e la loro suscettibilità all’infezione. Integrare i dati genetici del virus con le informazioni sui movimenti degli uccelli migratori e sulla suscettibilità delle varie specie all’infezione potrebbe portare a una migliore comprensione della diffusione del virus e aiutare a prevedere e mitigare gli impatti delle future epidemie.
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